"La fine del mondo è già accaduta. È descritta nel primo e non nell'ultimo
libro sacro, dura pochi versi del capitolo sesto di Genesi/Bereshìt. Il creato
si disfa sotto la più schiacciante alluvione. Da allora sussiste il secondo
mondo. Dio ha annullato la sua prima stesura della vita. Lo stesso farà Mosè
con le prime tavole della legge. La seconda volta non è migliore della prima,
è però passata attraverso la distruzione, dunque ha il valore aggiunto della
restituzione. Dio, dice la scrittura, è 'ehàd', uno. Il mondo invece si
sostiene sulla potenza generatrice del numero due, sulla coppia che fabbrica la
vita, trasmette discendenza. Dio è uno, la vita no. La salvezza delle specie
viventi a bordo della scialuppa di Nòah/Noè è abbinata alla coppia
maschio-femmina, senza cuccioli, solo esemplari adulti. A Nòah/Noè è affidata
l'impresa solitaria e colossale: armare uno scialuppone lungo più di un campo
di calcio, alto tre piani, da abitare per un anno con tutto il racimolo di vita
salvato dall'annientamento. 'Sherìt haplità', il resto dello scampo, era
chiamato il contingente ebraico uscito vivo dalla guerra in Europa. 'Sherìt
haplità' è degno di essere chiamato l'assortimento delle coppie imbarcate
da Nòah/Noè il salvagente. La fede gli imponeva di credere all'annuncio del
diluvio e fabbricare l'assurdo cantiere navale lontano dal mare. Il viaggio
che si concluderà sopra il cratere dell'Ararat maggiore galleggerà sopra
terre sommerse, non su mari."