Alcuni “sentieri”, tra i molti praticabili, che "incrociano" gli scritti di Erri De Luca.
Corpo
Il corpo è il libro di un uomo. Nella faccia, nelle mani, il tempo traccia i solchi in cui la vita semina. Morte è l’impossibilità di toccare.
Tre cavalli
Calzolai, carrettieri, sarti, fabbri, sellai, falegnami, gente con arte e mani di sapienze prese e vendute, strette dentro quattro mosse di fatica.
Alzaia
Operai
Passano giorni con molto peso sulle braccia, su e giù per le scale di un vecchio palazzo. Si lavora a rifare un appartamento, la polvere si spalma sulle facce appassite e le fa tutte uguali. Portiamo giù per le scale una vasca da bagno di ghisa, uno di fronte all’altro, lui in alto io in basso. Scendo i gradini all’indietro badando a non cadere, se no la vasca mi sfonda. Lui è più anziano di me. La sua faccia è maschera di sforzo, la conosco da anni, si stira tutta verso il basso dove il collo si gonfia e tira giù la bocca fino a scoprire i denti. Io stringo gli occhi e lascio fare alle dita che sono allenate a reggere in roccia prese più scomode. Così penso che in fondo quello sforzo antico del corpo di reggere pesi come i miei antenati serve pure un po’ da allenamento per quando sto sotto uno strapiombo e devo reggere il corpo in cerca di una presa per issarmi oltre. E questo pensiero stupido mi serve a dare un senso, una variante alla fatica pura e me la fa tenere e me la fa passare. Perché fa sollievo dare scopo a uno sforzo, a una sofferenza. Ma lui non ha giochi in mente, per lui è solo la maledizione quotidiana ed è da farsi mostrandosene ancora in grado, perché potevano chiamare uno più giovane. Così tende il collo come ha imparato a fare da ragazzo e spera solo che non gli si schianti il cuore prima della pensione.
Montedidio
Il palazzo è vecchio, per le scale di sera passano gli spiriti. Senza il corpo hanno nostalgia solo delle mani e si buttano addosso alle persone per desiderio di toccare. Con tutta la rincorsa che ci mettono a me arriva uno sfioramento. Ora che è estate si strusciano in faccia, mi asciugano il sudore. Nei palazzi vecchi gli spiriti si trovano bene. Quando qualcuno però dice che li ha visti è bugia, gli spiriti si possono solo toccare, quando vogliono loro.
Tre cavalli
Anche le mani, dico, e le nuvole, il manto delle tigri, la buccia dei fagioli e il salto dei tonni a pelo d’acqua è scrittura.
Il giorno prima della felicità
Un fresco saliva dal buio e mi toccò le gambe nude dei calzoni corti. Scendevo in una grotta. La città sotto ha il vuoto, quello è il suo appoggio. Alla nostra massa di sopra corrisponde altrettanta ombra. È quella a reggere il corpo della città.
I pesci non chiudono gli occhi
L’infanzia smette ufficialmente quando si aggiunge il primo zero agli anni. Smette ma non succede niente, si sta dentro lo stesso corpo di marmocchio inceppato delle altre estati, rimescolato dentro e fermo fuori. Tenevo dieci anni. Per dire l’età, il verbo tenere è più preciso. Stavo in un corpo imbozzolato e solo la testa cercava di forzarlo.
Il torto del soldato
Il ragazzo non rinunciava a dire e a ricevere: affidava lo scambio al tatto. Il suo tocco discreto mi sfiorava e là dove scendeva apriva i pori e avveniva uno scambio di corrente tra me e lui. Le sue dita erano lucciole nel buio, dove toccavano pure illuminavano
Gesti
Mani che si muovono, occhi che si alzano, sguardi, movimenti del corpo: anche nei gesti sedimenta la cultura e la sofferenza dei popoli. Gesti uguali in tutto il mondo ma diversi nel significato. Gesti dietro ai quali si nasconde la particolare storia di un uomo, la particolare storia di un mondo…
Tre cavalli
[…] Sto in un cantiere e mi fa da manovale un uomo della mia età, sotto i cinquanta. È un curdo, una volta scrittore, parla inglese. Sui cantieri si trovano uomini interessanti, sbattuti, di passaggio, marinai spiaggiati per sempre. È ferito a un occhio.
Com’è stato? La risposta è una mossa con la mano gettata dietro la spalla. Da noi vale per acqua passata, in curdo non so. […]
I pesci non chiudono gli occhi
Vado scalzo, sotto i piedi cresce d’estate una suola che non sente scottare. Succede anche alle mani dei fornai.
Il torto del soldato
Il suo servizio di postino comportava spesso di bussare alla porta di quegli uffici. Eseguiva in silenzio, non faceva sentire la sua voce. Nelle loro azioni i militari imponevano ai prigionieri gli occhi a terra, era proibito guardare in faccia il soldato tedesco. La voce però dovevano sentirla. Potevano ricordarla. Si sa di casi in cui è successo il riconoscimento attraverso la voce. L’udito più della vista è inesorabile in certezza. Mio padre usava la precauzione di parlare a voce spenta, senza timbro, nei posti pubblici
Nomi
“Allora il signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.” (Genesi 2 , 19). Nel nome di ogni singolo essere vivente è nascosto il segreto della sua origine e la possibilità, per l’uomo, di conoscerlo.
Tre cavalli
Sulla cima della Tofana, Dvora mi da un bacio e mi chiama novio, sposo. E io sono più felice di una lepre di marzo. E mi chiama bashérte, che in una delle sue sei lingue vale a dire: persona destinata a qualcuno. E a me piacciono i nomi in amore e la chiamo anch’io novia e bashérte.
Il contrario di uno
Mamm’Emilia
[…] mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra:
Quella l’insegna il figlio.
Montedidio
[…] Don Rafanié, chiedo, non è che a forza di stare a Napoli siete diventato napoletano? No, dice per scherzo, è che i napoletani forse sono una delle dieci tribù perdute di Israele. Come, vi siete perduti dieci tribù? E quante ve ne restano? “Solo due, una è quella di Giuda che ci dà il nome di giudei, un nome che viene dal verbo ringraziare.” Allora voi giudei vi chiamate grazie? “Questo dice la parola, ma tutti i vivi si dovrebbero chiamare così, con una parola di ringraziamento.
Tre cavalli
[…] A casa spiàno la pagina davanti al piatto e rivedo il biglietto. Si chiama Làila, un accento a tegola batte sulla prima vocale, due sillabe da ninnananna. […]
Qui di seguito i libri di Erri De Luca in Universale Economica
Erri De Luca
Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950. Ha pubblicato con Feltrinelli: Non ora, non qui (1989), Una nuvola come tappeto (1991), Aceto, arcobaleno (1992), In alto a sinistra (1994), Alzaia (1997, …