Cara Lettrice, caro Lettore,

la casa descritta in questo romanzo mi accompagna da quando ho undici anni. Non che ci sia mai entrata. È comparsa da sé, nel primo racconto che ho scritto, per partecipare a un concorso lanciato dalla biblioteca pubblica di Pittsfield, nel Massachusetts: la storia di una bambina che si perde in un bosco fitto e oscuro e si imbatte in una casa dall’aria sinistra.  
Sono passati vent’anni. Ho cambiato più volte città, mi sono cimentata in una quantità di mestieri diversi, e ho scritto un mucchio di poesie prima di ritentare con un nuovo racconto. Per qualche motivo, la casa nel bosco continuava a rispuntare a ogni pagina.
In quel periodo avevo troppe cose per la testa per rendermi conto che si trattava di una vera e propria ossessione. Vivevo nella Louisiana, studiavo per un master in scrittura creativa, e come Maya – la protagonista di Casa dolce casa – avevo smesso di prendere il Klonopin, che assumevo da anni per riuscire a dormire. Il medico che me l’aveva prescritto, a Los Angeles, non aveva mai accennato al rischio di dipendenza. Ma quando chiesi di rinnovare la ricetta alla mia nuova dottoressa, a Baton Rouge, lei la diede per scontata. E mi mise a stecchetto. Il risultato fu una lunga crisi d’astinenza, con sintomi che ho trasposto nell’esperienza di Maya nel libro. Scrivere dell’astinenza da benzodiazepine – sia pure dal punto di vista del mio personaggio – mi ha aiutata a superarla.
Questo romanzo è la mia esplorazione della casa nel bosco, che con il tempo ho imparato a interpretare (tra l’altro) come una manifestazione della mia ansia di radici.
Quando ho scritto quel primo racconto la mia famiglia si era appena trasferita nel Massachusetts, lasciandosi dietro il ramo paterno che da tre generazioni, dopo l’emigrazione dal Guatemala, si era stabilito nel Texas del Sud. E così, dopo undici estati passate insieme a una mandria di cugini, scorrazzando nel giardino della casa del nonno, strillando in un misto di inglese e spagnolo mentre l’aria risuonava di musica Tejana, mi ritrovai da sola, nel gelido e silenzioso New England. Mi è stato molto difficile farmi nuovi amici, passavo le giornate in biblioteca.
Ripensandoci oggi, vedo la casa nel bosco come il simbolo di quella che avevo perduto – non l’edificio di calce e mattoni ma i bambini, le donne e gli uomini che lo abitavano, la comunità, la cultura da cui, d’un tratto, ero stata esiliata. Era inevitabile che tornassi a scriverne a Baton Rouge: anche là soffrivo di nostalgia. Questa casa è dunque l’espressione di un sentimento universale: il desiderio struggente di tornare non soltanto a un luogo fisico, ma anche a un tempo in cui ci sentivamo davvero a casa, circondati dai nostri affetti.
Il guaio è che questo ritorno è impossibile. Le persone che fanno di un luogo una casa invecchiano e muoiono; le comunità cambiano; le assi del portico marciscono; il tetto si sfonda. Il sogno di una casa che resta immutata, un luogo al quale si possa sempre tornare, nonostante il tempo che passa, è insieme malinconico e inquietante.
Casa dolce casa rispecchia entrambi questi aspetti. All’inizio Maya vede la casa come un luogo idilliaco, la casetta di una fiaba, ma poco per volta scopre la menzogna che la avvelena. Non riesce a ricostruire con precisione che cosa sia accaduto in quella sera d’estate quando, a diciassette anni, ha seguito un uomo chiamato Frank fino alla casa che lui aveva costruito nel bosco. Se potesse ricordarlo, saprebbe in che modo ha poi ucciso la sua migliore amica, Aubrey. E potrebbe impedirgli di uccidere ancora.
La casa di Frank è un mistero che ne custodisce un altro, ancora più profondo. E mentre Maya ricostruiva lentamente il significato di quegli eventi, anch’io ho cominciato a capire: la nostra casa è dentro di noi. Che cosa significhi di preciso, tocca a voi deciderlo.
Grazie, lettore, per avermi seguita nel folto di questo bosco.

Con gratitudine,
Ana

Casa dolce casa di Ana Reyes

Almeno due donne sono morte misteriosamente in compagnia dello stesso uomo, Frank. Maya ha solo diciassette anni quando vede morire la sua migliore amica, Aubrey: un attimo prima stava parlando con il ragazzo più affascinante ed enigmatico di Pittsfield, Massachusetts, per cui Maya ha un&…

Ana Reyes

Ana Reyes, di origini guatemalteche, è cresciuta negli Stati Uniti. Si è laureata alla Louisiana State University e vive a Easthampton, Massachusetts, dove insegna scrittura creativa. Il suo romanzo d’esordio …

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