
È un fallimento essere divertenti. Intervista a César Aira
‟Si dice che sono un umorista, che i miei libri sono pieni di humour. Ma lo humour nei miei libri è assolutamente involontario. La gente ride quando io avevo l’intenzione di scrivere qualcosa di serio. Detesto lo humour in letteratura. L’unico consiglio che do ai giovani scrittori è di rifuggire dallo humour perché è una tentazione pericolosa. Che non gli succeda come a molti, che invecchiano e muoiono senza aver mai parlato di niente di serio. Lo humour è facile e presenta l’inconveniente di dipendere troppo dall’effetto che produce. Se non produce il suo effetto, cade nel vuoto. E anche se produce oggi l’effetto voluto, magari smetterà di farlo domani. Sfortunatamente devo riconoscere che la mia opera è impregnata di humour. Forse si tratta di un grave fallimento.”

Mangiare bene spendendo poco? Impossibile. Intervista ad Allan Bay
Se il cibo è il messaggio, Allan Bay sa comunicarlo benissimo: classe 1949, piemontese per tre quarti, napoletano per il restante, milanese d’adozione, ha fatto di una passione nata da ragazzo - la cucina - un mestiere (il successo, che ha soppiantato quelli - manager consulente - che faceva prima per vivere. Si definisce ‟un ghiottone”, è cuoco, critico gastronomico, scrittore prolifico, autore di 5.677 ricette. Ha pubblicato libri che gli hanno dato più successo: è a quota cinque, essendo essendo appena uscito 77 ricette perfette, ma i due d’esordio, ossia Cuochi si diventa (1 e 2), sono dei long seller da 300 mila copie ciascuno.

Gli eroi a volte ritornano: Circolo chiuso di Jonathan Coe
A volte ritornano. Ulisse; Tom Sawyer e Huckleberry Finn; D’Artagnan e i tre moschettieri: gli eroi che abbiamo amato in un libro, e che ritroviamo nel suo seguito, magari vent’anni dopo. Di questo particolare club letterario entrano a far parte i protagonisti di La banda dei brocchi, il romanzo dolce-amaro di Jonathan Coe su un gruppo di giovani amici nella Gran Bretagna degli anni Settanta, che tornano a incrociare i loro destini in Il circolo chiuso, romanzo più amaro che dolce sull’odierno Regno Unito, alle prese con Blair, l’11 settembre, la guerra in Iraq, la globalizzazione. Il successo della prima parte aveva consacrato Coe come il narratore inglese simbolo della sua generazione: l’intellettuale di sinistra della media borghesia, l’idealista deluso, in bilico tra sogni e sensi di colpa. Accolto l’anno scorso a Londra da unanimi plausi della critica, Circolo chiuso è il proseguimento di quella storia, ma può essere letto anche come terzo episodio di una trilogia sulla moderna Inghilterra se si considera pure La famiglia Winshaw, il grande romanzo sugli anni Ottanta e l’era Thatcher con cui lo scrittore si rivelò. Come i suoi personaggi, Coe è invecchiato e ha messo su famiglia: sposato, con due figlie, a 43 anni ha raggiunto quella che un tempo si chiamava "la mezza età". Ma non la dimostra: ha piuttosto l’aspetto dell’eterno ragazzo, dell’ex-compagno di scuola a cui ti viene da dire, rincontrandolo dopo lungo tempo, "non sei cambiato per niente".

Paolo Di Stefano. Intervista su Tutti contenti
"...Il passato - potrei dire con Nino Motta il protagonista - è necessario patirlo per liberarsene, e per ricominciare..."