“Alla base del destino di Gerusalemme c’è la miopia di chi ha osservato le mappe senza guardare il destino degli uomini.”
Gerusalemme è una città dilaniata da millenni di guerre, scontri fra religioni, conflitti fra politiche contrapposte, che ne hanno fatto un simbolo, un avamposto strategico, un luogo da conquistare e controllare. Paola Caridi vi ha vissuto per dieci anni e spesso vi ritorna: le sue pagine ci restituiscono una città indimenticabile per la bellezza delle mura antiche, per i suoi tempi scanditi dai canti, per la sua umanità dolente. Ma ricostruiscono anche una città crudele, dove israeliani e palestinesi fanno talvolta la spesa negli stessi supermercati, per poi rinchiudersi nei confini dei rispettivi quartieri. Una città costellata di posti di blocco che controllano gli spostamenti di persone, merci e idee. Una città densa di segni e memorie antiche e recenti, in cui ogni stagione politica porta con sé nuove versioni della storia passata, nuove ripartizioni degli spazi urbani, nuove costrizioni che divengono abitudini di vita. Se ci si concentra su una Gerusalemme “senza Dio”, salgono in superficie gli aspetti negati della vita quotidiana. Anzitutto, i diritti nella città, differenti nei fatti a seconda di chi prova a esercitarli. Sopravvive la speranza: che Gerusalemme, una e condivisa da tutti, torni a essere una città per gli uomini e le donne che lì vivono.