Enrico Deaglio: Perlasca, quello scomodo gentiluomo fascista
Giorgio Perlasca è un eroe. Lo sanno tutti. L´ha consacrato
perfino la tv con quel bel film interpetrato da Luca Zingaretti. Ma il
riconoscimento è recente, recentissimo. Fino all´87, questo commerciante
padovano fascista, ex volontario nella Guerra di Spagna che, nell´inverno 1944,
a Budapest, riuscì a salvare dallo sterminio nazista più di 5.000 ebrei,
spacciandosi per il console spagnolo, sfornando salvacondotti falsi, difendendo
otto case rifugio, trovando cibo, strappando ragazzi ai treni della morte di
Eichmann, questo "magnifico impostore" era stato ignorato da tutti.
Eppure, come in parte ricorda in questa lettera amara, nel '45 aveva consegnato
un rapporto su quel che aveva fatto ai ministri degli Esteri italiano e
spagnolo, e più tardi aveva parlato con Giuseppe Pella, Alcide De Gasperi, con
i liberali triestini. Aveva anche mandato il suo diario al Messaggero Veneto:
nessuno gli dette retta.
Perlasca si chiuse in un riserbo naturale e risentito, che si sciolse solo
quando alcune donne ebree ungheresi, ragazzine da lui salvate ai tempi della
guerra, nell´87 lo rintracciarono con annunci sui giornali e poi lo fecero
riconoscere "Giusto tra i Giusti" allo Yad VaShem di Gerusalemme. Sì,
dopo l´hanno onorato l´Ungheria, gli Stati Uniti, e anche l´Italia lo fece
cavaliere e gli attribuì il vitalizio della Legge Bacchelli. Ma cinquant´anni
di silenzio, quando si va alla "deriva" e si fa fatica a mettere
insieme il pranzo con la cena, si sta in una casa misera e senza telefono, sono
tanti. La rabbia che esprime questa lettera non deve né stupire, né togliergli
un briciolo di onore, anche se usa frasi antipatiche.
Ne parliamo con Enrico Deaglio che Perlasca lo conobbe bene, accompagnandolo per
due anni in giro per il mondo, e soprattutto scrivendo su di lui, nel 1991, un
bellissimo libro, La banalità del bene.
Le relazioni segrete tra Stato e mafia. Don Vito, di Massimo Ciancimino e Francesco La Licata. Speciale con video, foto, estratti
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Fen il Fenomeno - booktrailer
"Sono esistiti nella storia del bar alcuni cani veramente leggendari. Grandi segugi, cercatori di tartufi, cani da guardia, cani da cieco, cani da salvataggio. Ma nessuno fu mai come Fen il Fenomeno.” Una buffa, tenera, immaginifica graphic novel. |
Benedetta Cibrario presenta Lo Scurnuso
Dalla Napoli borbonica fastosa e miserabile, passando per la Napoli sfigurata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, fino a oggi, per vicoli e palazzi, umide stamberghe e salotti sontuosi, si dipana il destino dello Scurnuso, "il Vergognoso"… Benedetta Cibrario dispiega una sequenza narrativa che ha come protagonista la bellezza stessa, una bellezza umile che dice le ragioni di un durevole incantamento.
Il libro
"Sebastiano allargò i palmi a ventaglio. Aveva dita sottili e magre, con le unghie mangiucchiate e orlate di nero." Dalla Napoli borbonica fastosa e miserabile, passando per la Napoli sfigurata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, fino a oggi, per vicoli e palazzi, umide stamberghe e salotti sontuosi, si dipana il destino dello Scurnuso, "il Vergognoso". È uscito dalle mani sensibilissime dell'orfano Sebastiano, ceduto ancora bambino al pastoraio Tommaso Iannacone come risarcimento per un lavoro non pagato. Sebastiano ha disegnato e scavato nella creta il suo amore per il padre adottivo e maestro, perché risuonassero per sempre la musica di quelle dita gentili e lo spasimo della bellezza. Quel miracolo sopravvive nel tempo, attraverso proprietari diversi, nel farsi e disfarsi dei grandi presepi. Passa di mano in mano destando ogni volta uno sgomento segreto. Benedetta Cibrario dispiega una sequenza narrativa che ha come protagonista la bellezza stessa, una bellezza umile che dice le ragioni di un durevole incantamento. |
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