Chlébnikov, il futurista che misurava il tempo. Paolo Nori parla di Pancetta.
Pancetta di Paolo Nori, autore assieme a Marco Raffaini di una singolare Storia della Russia e dell'Italia, e d'altro ancora (tra tutti Diavoli e Gli scarti), è un libro su un poeta russo dimenticato e sulla straordinaria stagione di fermenti letterari che visse la Russia del primo ventennio del Novecento. Velimir Chlébnikov, matematico e letterato, fu il primo a pubblicare nel 1909 un almanacco futurista e a continuare a coltivare, anche quando il rivale Majakovskij divenne la stella del futurismo europeo, l'idea di una poesia nuova, in grado di fare quella rivoluzione che non tardò a realizzarsi per altre vie. Una poesia che si adagiasse su una quarta dimensione dello spirito, simile in tutto a quella quarta dimensione dello spazio che secondo Chlébnikov era il tempo, una poesia "transmentale" che riformulasse, azzerandoli, suoni e linguaggi offesi dall'uso. l'utopia Chlébnikoviana di una lingua universale destrutturata, una sorta di esperanto dalla sonorità simbolica (indicata da Emil'evic Mandel'stam, uno dei più grandi poeti russi del Novecento, come un' autentica vulgata, uno spettacolo grandioso e istruttivo), s'invera in una vita anch'essa segnatamente utopica. Nel senso che il nomadismo libertario del poeta lo allontana da ogni dove, per collocarlo nell'infanzia in un campo di nomadi buddisti nella regione di Astrachan, poi in una stanza nuda e sciatta a Mosca e in un ospedale psichiatrico e in una prigione di guerra e quindi in un'erranza vagabonda, sino all'ultima brevissima sosta in un non-luogo, l'oscuro villaggio di Santalovo, nella regione di Novgorod, dove si spegne nel 1922, a soli trentasei anni. Aveva atteso invano, insieme al suo amico Roman Jakobson, che le sue opere venissero pubblicate. la materia difficile che Nori sceglie di raccontare, "perché un futurismo senza Chlébnikov è come un bolscevismo senza Lenin", è trattata gogolianamente attraverso lo voce narrante dei giovani poeti egofuturisti Sasˇa e Pasˇa, appena usciti da una prospettiva Nevskij a respirare aria e poesia e ai quali l'esecutore del libro presta ascolto.
‟In un paese consociativo l’individuo è spacciato”. Intervista a Claudio Piersanti
Piersanti parla del suo nuovo romanzo, Il ritorno a casa di Enrico Metz , già vincitore del Campiello, partendo dall’epigrafe (‟Il passato è odioso ed è meglio non ricordarsene… ‟) per arrivare poi ai ‟martiri” di Tangentopoli.
‟In generale non ci sono davvero eroi in Tangentopoli. Penso all’enorme, e ancora ben presente, apparato burocratico parassitario che l’ha creato, e che ancora è vivo e vegeto. Certo ci sono state delle vittime. Non è mai stato possibile svolgere attività industriali vere e proprie se non si appartiene a qualche raggruppamento, se non si ha un referente politico. La nostra cultura respinge gli individui, le loro potenzialità enormi. Il nostro è un paese associativo e consociativo, non si basa sui diritti e sui doveri degli individui. Da Mattei a Gardini c’è un filo sottile che racconta questa storia parallela. So di non essere popolare, ma lo ripeto: un raccomandato che guadagna duecentomila euro a spese del contribuente è eticamente a un livello ancora più basso di un delinquente comune, e gli effetti economici che produce sono di gran lunga più devastanti”.
Silvia Di Natale presenta Vicolo verde
‟Mi protegge, il vicoletto, dai ricordi, senza sottrarmeli: sono tutti qui, ammucchiati dentro, non ne ho perduto nessuno.” L’eroica quotidianità di una donna che deve conciliare speranze e destino, sentimenti e aspirazioni, progetti e fantasmi del passato.
‟Meglio i timidi dei potenti”. Intervista a Claudio Piersanti
‟Ho voluto rendere omaggio alla memoria di Raul Gardini, nel personaggio del capo di Metz, il finanziere Marani. Gardini, nel bene e nel male, è stato una figura straordinaria…”. Claudio Piersanti parla del successo de Il ritorno a casa di Enrico Metz.